Il Metodo Bates nella vita quotidiana

Un giorno un giovane vide un maestro di Tai Ji allenarsi al parco, si avvicinò e chiese: “Maestro, tu fai Tai Ji?”. Il maestro lo guardò e rispose di no. Il giovane dubbioso ritornò al parco il giorno seguente, dopo essere stato rassicurato da amici che quello fosse veramente un maestro di Tai Ji e, incontrandolo nuovamente, gli pose la stessa domanda, ottenendo la medesima risposta. La strana comunicazione proseguì per qualche tempo.

Passarono gli anni e il giovane si iscrisse ad una scuola di Tai Ji. Il maestro della scuola era lo stesso maestro da lui incontrato anni prima al parco e il giovane si sentì rassicurato alla sua vista. Gli si avvicinò nuovamente e chiese: “Maestro, allora tu fai Tai Ji?”, ma il maestro dopo averlo guardato per un attimo rispose negativamente come anni prima al parco. Il giovane allievo pensò di avere incontrato un maestro un poco burlone e proseguì il corso. Passarono gli anni fino a che un giorno il maestro si avvicinò al giovane allievo e gli disse: “Sai qual è il tuo problema?… Tu fai Tai Ji”.

Questa storia si adatta bene al metodo Bates:

ci sono persone che “fanno” il metodo Bates senza avere ancora compreso che il metodo Bates lo si deve vivere, non fare;

ci sono persone che si avvicinano alla pratica del metodo Bates convinte che il metodo sia uno “strano” insieme di esercizi che servono a migliorare la propria vista … ma quando smettono di farli tornano a vedere come prima.

Ma il metodo Bates è il frutto di una vita di ricerche, è un percorso di rieducazione visiva. Praticare le diverse tecniche ha lo scopo di permettere di comprendere, a chi le pratica, qualcosa di se stessi che contribuisca a togliere lo sforzo inconsapevolmente usato nel tentativo di vedere.

Il metodo Bates più che una serie di cose da fare è, piuttosto, una serie di cose da non fare.  Quindi il metodo ideato dal Dott. Bates non è soltanto una serie di esercizi visivi, come si potrebbe essere portati a pensare, ma occorre diventare consapevoli che i problemi visivi sono causati dalla tensione mentale e dallo sforzo di vedere che provoca abitudini visive non corrette, quindi è un approccio olistico che considera la vita della persona nella sua totalità.

I tre principi base del Metodo Bates

Primo principio: il movimento

Panta Rei, diceva un filosofo greco (Eraclito). Tutto scorre, non puoi mettere piede due volte in uno stesso fiume. Innumerevoli scuole di pensiero e discipline meditative hanno messo l’accento sul fatto che, se tutto è in perenne movimento e trasformazione, pensare il mondo in termini statici, immutabili non può che portare a attriti, incomprensioni e disastri. Ma nonostante ciò credere a cose “eterne” è un bisogno, una necessità di ogni bambino, di molti adulti, di intere società. Non solo la vista, tutte le percezioni sono basate sul cambiamento, noi percepiamo non le cose in sé, ma il loro mutare: se un suono è costante si finisce per non percepirlo più, se la mano è appoggiata immobile su qualcosa, dopo un po’ non ci darà più alcuna sensazione. Infine, se l’occhio è messo in condizione di osservare una cosa senza assolutamente muoversi (è possibile farlo solo sperimentalmente) dopo un secondo e mezzo diventa cieco!

Eppure Bates non poté fare a meno di notare questa costante: gli occhi di chi ha problemi visivi si muovono molto di meno di chi ha una vista normale, e il rifiuto del movimento si estende anche a molti altri campi, coinvolgendo il corpo le emozioni e il pensiero.

Chi ha problemi visivi sembra cercare costantemente di crearsi un ambiente “sicuro”, dove le cose cambino il meno possibile e le attività non siano intense, provochino meno cambiamenti possibili. E l’ambiente più stabile e sicuro finisce per essere il proprio pensiero, forgiato appunto su certezze e “punti fermi”. E quindi si cerca di privilegiare una vita il più possibile “pensata” (e non vissuta).

È importante comprendere che questo atteggiamento crea una intera visione del mondo, basata sulla rigidità: si cerca di “fermare il mondo”. A volte nei gruppi vengono a galla situazioni dell’infanzia in cui, di fronte ad un trauma come mamma e papà che litigano, si è cercato difermarli; come? Partendo da sé, fissando lo sguardo e smettendo di respirare e irrigidendo tutto il corpo e pensando NO, NO!

Col passare degli anni, di fronte ad una novità o a uno stress, si finisce per privilegiare la stessa risposta: arrestare ogni movimento del corpo, fissare lo sguardo, pensare. E si cerca per quanto possibile di evitare attività e situazioni in cui questo modulo di risposta è platealmente inadatto.

Indubbiamente la nostra società stimola fortemente proprio un atteggiamento di questo tipo, scoraggiando invece tutte le risposte basate su altri principi. In più, in alcune famiglie ciò può essere accentuato magari da una struttura autoritaria, che coscientemente educa alla rigidità, oppure semplicemente dall’esempio di genitori con problemi visivi, che con il loro stesso modo di essere educano i figli al non movimento. Gli occhiali poi, costituiscono un limite fortissimo al movimento degli occhi e del corpo.

Cosa propone Bates riguardo a questo punto? Il suo approccio è in fondo simile a quello del Buddismo e altri sentieri spirituali: la radice della tensione mentale, che a sua volta genera problemi alla vista sta nella titanica e disperata lotta contro l’esistenza e le sue leggi, in particolare contro quella che citavamo all’inizio: tutto scorre, tutto si muove, tutto si trasforma, nessuna cosa è MAI stabile. Bisogna cambiare punto di vista, smettere di lottare e rilassarsi consapevolmente e volonterosamente. Il fatto è che il rifiuto del movimento cercherà di nascondersi in ogni angolo, in ogni dettaglio. Per questo è importante essere guidati da un insegnante esterno, perché invariabilmente, se si fa esercizi ed esperienze da soli li si fa in un modo tale da salvaguardare l’immobilità (e poi si dice che il metodo Bates non funziona).

Un’ esperienza emblematica: le oscillazioni ampie.

Bates propone molte esperienze utili a prendere consapevolezza dei propri atteggiamenti. Chi ha fatto un seminario Bates conosce le oscillazioni ampie. Sa che mettono in crisi (se fatte bene) tutto un modo di essere basato sulla rigidità, proprio perché non permettono di fissare lo sguardo.

Un elemento che viene spesso sottovalutato è lo Shifting; nelle oscillazioni ampie consiste nell’illusione, nel “desiderare” che la stanza si muova in senso opposto al movimento degli occhi. L’inconscio tentativo di “fermare il mondo” (OK, io sono costretto a muovermi, ma guai se dovessi pensare che il mondo si muove, succederebbe qualcosa di terribile) fa si che i muscoli degli occhi mantengano la loro rigidezza e finisce ogni tanto per generare ansia, panico ed altre reazioni patologiche.

Bates quindi propone di esercitare lo Shifting ovunque ci sia movimento, cioè praticamente in ogni attività della vita quotidiana, compreso la lettura (la pagina si muove in direzione opposta al movimento degli occhi e della testa), la guida (i due lati della strada si muovono in direzione opposta, etc)

Secondo principio: la centralizzazione

Una delle conseguenze dell’abitudine di fissare, tipica di chi ha problemi visivi è che per vedere alcune cose mantenendo gli occhi immobili, allarghiamo la nostra percezione visiva, la “diffondiamo” a scapito dell’acutezza . Se per esempio guardiamo il viso di una persona, chi ha una vista naturale continuerà a “esplorare” il viso, mettendo a fuoco una miriade di particolari (fino a 3.600 al minuto) nitidi e focalizzati, che il cervello ricostruirà in un’immagine nitida.

Chi fissa lo sguardo cercherà invece di vedere il viso TUTTO INSIEME ugualmente bene (il che è impossibile) e nel fare ciò sfoca lo sguardo e vede peggio. Non solo, ma attraverso questo meccanismo protratto negli anni perde anche man mano la capacità di concentrare l’attenzione nel centro del proprio campo visivo (che corrisponde alla fovea, la parte più sensibile della retina). Questo meccanismo viene chiamato da Bates Diffusione, in contrapposizione a quello corretto, che è la centralizzazione.

(È tra l’altro questo il meccanismo che provoca, in chi è abituato a fissare, quella tipica difficoltà con i Rasterbrille per cui si vede le immagini sdoppiate, quadruplicate etc.).

Bisogna comprendere che la centralizzazione è corretta solo se legata al movimento, mentre non funziona con il fissare lo sguardo; anzi fissare lo sguardo produce invariabilmente il suo contrario e si entra in quel tipico giro vizioso per cui si fissa, non si vede bene perché si perdono dettagli e l’ansia porta a fissare ancora di più. (1)

Un’esperienza tipica “le pietruzze” 

Osservare due pietruzze spostando lo sguardo da una all’altra, considerando che la pietruzza su cui si concentra lo sguardo si vede meglio dell’altra. Cominciare ponendole a una distanza di qualche decina di centimetri, avvicinandole fino a toccarsi e conservando tuttavia la capacità di vedere decisamente meglio quella su cui si mette a fuoco. E’ importante che lo sguardo sia tenuto in movimento (vedi sotto “disegnare”) mentre si osserva ogni singola pietruzza.

Terzo principio: il rilassamento

Il rilassamento è difficile nella nostra società: siamo allenati a fare esattamente il contrario. La tensione diventa una parte così onnipresente della nostra esistenza che ne perdiamo la consapevolezza, anzi tenderci ci sembra la risposta “naturale” spontanea.

Invariabilmente, quando ci si rilassa si vede meglio (si VIVE meglio). Il problema è che per molti è diventato difficile rilassarsi, a volte è una esperienza così estranea da fare paura.

E’ anche importante chiarire che senza movimento non c’è vero rilassamento. Chi ha problemi visivi quando non si muove resta rigido, non si rilassa. E per quel che riguarda la vista il rilassamento e quindi la chiarezza, avviene solo se è presente anche la centralizzazione, altrimenti si ricade fatalmente nella rigidità e nel fissare.

Va da sé che rilassarsi davvero coinvolge un profondo cambiamento del modo di vedere il mondo e l’identificazione dei condizionamenti negativi (tutti i “dovrei”, “non posso”, etc.).

Il metodo Bates è tutto qui?

No, esiste anche il ruolo della memoria e dell’immaginazione, Bates ha insistito molto sul concetto “Senza memoria perfetta non può esserci vista perfetta”. Parimenti l’immaginazione aggiusta le aberrazioni della vista.

NOTE:

Cattivi compagni     Fissità             Diffusione                  Sforzo

Angeli Custodi         Movimento     Centralizzazione       Rilassamento

Sia i cattivi compagni che gli angeli custodi costituiscono tre aspetti dello sesso fenomeno e sono in realtà inscindibili. Per esempio: se c’è fissità non ci può essere rilassamento, ma ci sarà sforzo e diffusione.

(1) Invece di Centralizzazione, Bates usava il termine Fissazione Centrale, che è espressione comune in oftalmologia.

La maggior parte degli operatori attuali del metodo Bates concordano sul fatto che la parola Fissazione può ingenerare l’idea che sia necessario fissare, il che è esattamente il contrario di quanto affermato da Bates.

Il metodo Bates non insegna cosa fare, ma insegna a smettere di fare ciò che già si fa e che è negativo per la visione: e cioè l’interferire con la propria visione invece di darle una chance di potere funzionare in modo rilassato.

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